Teatro alla Scala. La “prima” sarà con Fidelio di Beethoven


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Italia, Milano. La ‘prima’ che aprirà la stagione operistica de ‘La Scala’ di Milano, si terrà come tradizione vuole il giorno di Sant’Ambrogio, patrono di Milano, domenica 7 dicembre alle 18. Quest’anno è stata scelta l’opera ‘Fidelio’ di Ludwig van Beethoven.

FIDELIO

Negli anni del Terrore incarcerazioni e liberazioni inattese dovevano essere all’ordine del giorno in Francia. Nei teatri parigini nasceva e aveva successo, in quel periodo, un genere teatrale nel quale il pubblico coglieva il riflesso degli eventi che scuotevano la vita quotidiana: sulla scena venivano presentate
storie ricche di avventure e colpi di scena, storie nelle quali gli eroi trionfavano su persecuzioni e peripezie mostrando un’ottimistica fiducia nel bene, nella giustizia e nella ragione. All’elemento avventuroso, questo tipo di spettacolo – che gli storici dell’opera chiameranno in seguito opéra à sauvetage – univa l’attenzione per la realtà quotidiana, assumendo intonazioni decisamente realistiche e portando sulla scena nuovi temi sociali, legati alla difesa della famiglia e dei valori borghesi, all’unione delle diverse classi, alle figure
femminili che assumevano un ruolo più intraprendente nella società.
Il nuovo genere teatrale divenne popolare a Parigi nell’ultimo decennio del Settecento, ma non limitò i suoi successi alla Francia: si diffuse rapidamente in tutta Europa (in particolare in Italia, in Germania e in Austria), dove diede vita a ibridazioni e adattamenti di varia natura. Beethoven scoprì il filone nel 1804
e se ne entusiasmò subito, tanto che abbandonò il progetto teatrale cui stava lavorando in quel momento, Il fuoco di Vesta, ispirato a un tema classico, e si rivolse invece a un soggetto ispirato a un fatto realmente accaduto ai tempi della Rivoluzione, del quale già si era servito Jean-Nicolas Bouilly per la sua
Léonore, rappresentata a Parigi nel 1798 con musiche di Pierre Gaveaux. Il soggetto aveva grandi qualità teatrali. Come i grandi temi tragici della classicità, si prestava a suscitare nello spettatore ora pietà, ora terrore (in perfetto accordo con i precetti della poetica aristotelica), ed era ben indirizzato verso la catarsi finale, dove le sofferenze poste sulla scena trovano la loro purificazione.
Le qualità del soggetto ne assicurarono la fortuna: dopo Bouilly, oltre a Beethoven anche Ferdinando Paër e Giovanni Simone Mayr se ne servirono per le rispettive Leonora (1804) e L’amor coniugale (1805).
Una prima versione del lavoro beethoveniano, intitolata Fidelio o l’amor coniugale e articolata in tre atti, andò in scena a Vienna al Theater an der Wien il 20 novembre 1805 (una settimana dopo l’occupazione francese della città), con scarso successo. Una seconda versione, Leonora o il trionfo dell’amor coniugale, fu presentata il 29 marzo 1806 nello stesso teatro. Beethoven, che aveva effettuato dei tagli e aveva ridotto l’opera in due Atti, la ritirò però quasi subito per dissensi con il direttore del teatro. Fu poi necessario attendere alcuni anni perché il compositore rimettesse mano al lavoro. Su proposta dei tre cantanti che avrebbero interpretato i ruoli principali, Beethoven riprese l’opera e la rielaborò profondamente; fece rimaneggiare da Georg Friedrich Treitschke il libretto, scritto in origine da Joseph Sonnleithner, aggiunse
alla partitura nuove pagine, altre ne recuperò dalla prima versione, conferì al tutto una maggiore tensione drammatica. Questa terza e ultima versione fu presentata, con il titolo di Fidelio, al Teatro di Porta Carinzia il 23 maggio 1814.



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