James Tissot, il Pittor prodigo: ultimo weekend per la prima retrospettiva italiana


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A Roma, Chiostro del Bramante, con il caldo auspicio di una proroga.

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tissot-1Roma, Chiostro del Bramante. A chi è a Roma per il Giubileo, ai romani che non ne possono più di aggirarsi in mezzo alla spazzatura di Mafia Capitale, un caldissimo invito a varcare le Mura Aureliane – là dove la Roma commissariata da Francesco Paolo Tronca sembra riprendere un aspetto umano, invasione dei topi permettendo – e recarsi nel sublime Chiostro del Bramante per scoprire che Tissot non è solo la marca di un grande orologio svizzero, ma soprattutto il nome di Jacques-Joseph James Tissot, dandy e pittore ottocentesco vissuto nella gloria, ma dimenticato dopo il suo ritiro spirituale e la sua morte a sessantasei anni, due anni dopo l’inizio del Novecento.

La sua riscoperta è cominciata quarant’anni fa, e ora, con questa grande, splendida mostra di livello internazionale, che stranamente non è supportata dal solito “alto patronato del Presidente della Repubblica” ma che, non a caso, è allestita e curata, con il prezioso catalogo Skira, da una delle benemerite studiose francesi di Tissot, Cyrille Sciama – responsabile delle collezioni del XIX secolo per il Musée des Beaux-Arts di Nantes –  l’Italia fa finalmente il suo dovere, ospitando la prima retrospettiva del maestro. Anche per merito, per la terza volta in soli due anni, dei generosi prestiti a Roma Capitale  del parigino Musée d’Orsay.

Nonostante il silenzio dei mass media e la scarsa pubblicità, il passaparola fa sì che si possa entrare nelle sale dell’esposizione solo mettendosi in fila e aspettando il turno del proprio scaglione.

Ma eccoci presto partiti, dopo le raccomandazioni di spegnere i nostri cellulari, in un viaggio nel buio a ritroso in un Tempo ed in uno Spazio magico, illuminato dai primi capolavori…

La Mostra
Oltre agli splendidi quadri dalla formidabile resa cromatica e ad un consistente numero di acqueforti che li riproducono (in tutto ottanta opere, meno quella che purtroppo è già stata restituita), ci accoglieranno, lungo il corso del nostro itinerario su due piani, con o senza l’audioguida della quale potremo usufruire, grandi pannelli luminosi  che riportano frasi scelte dei grandi scrittori dell’epoca e sintetici cartelli esplicativi.

Da segnalare due chicche: diversi e colorati tessuti che – al contrario dei quadri! – si possono a lungo palpare o accarezzare. Tessuti che ci parlano dei favolosi ed irripetibili abbigliamenti muliebri della seconda metà dell’Ottocento, avviata trionfalmente verso la Belle Epoque, che sarebbe durata, ben oltre la morte del nostro autore, fino al deflagrare della Prima Guerra Mondiale. Sì, perché le opere esposte hanno come tema tutte le varianti anglofrancesi dell’Eterno Femminino. Ed è questo, al piano superiore, nella sala che inquadra l’ultima dell’esposizione, il tema di conversazione dei bellimbusti che in una pausa dell’Opéra commentano a briglia sciolta dalle loro icone che si illuminano in alternanza e conversano a turno ad alta voce, il tema della bellezza delle donne.

Sono per la maggior parte donne cocottes, accompagnate da convalescenti, penitenti al confessionale, ma sempre belle ed eleganti.

Ma ad accoglierci, prima di tutte, è lui, con un suo intenso, impressionistico autoritratto.

I suoi Maestri, da Gesù, a Ingres, a Charles Baudelaire, a Gesù
Tissot dipinge con sapienza e precisione fiamminghe ed ha un piglio ed una personalità tali, lui, formatosi su Ingres e amico di Whistler, Degas e Manet, nonché di Helleu e dei nostri De Nittis e Boldini, da non poter essere inquadrato completamente nemmeno tra i pittori alla cui stregua sa pur ben dar di pennello: gli Impressionisti. E sono forti i riferimenti estetici, le espressioni ed i floreali influssi preraffaelliti. E siamo all’Italia. Tissot vi compì due soggiorni: il primo nel 1862 a Firenze e Venezia, dove copia le opere di Mantegna, Bellini e soprattutto Carpaccio, di cui farà un’indigestione; il secondo nel 1874 di nuovo a Venezia, in compagnia dell’amico Edouard Manet. Parlavamo dei preraffaelliti, ed il riferimento al primo Rinascimento italiano è d’obbligo. Infatti nei quadri di Tissot – e in questo caso parliamo di tutto Tissot e non di quella metà rappresentata dalle opere esposte – si riscontrano anche gli influssi di Botticelli, Michelangelo, Giorgione e Tiziano.

In realtà il grande maestro del nostro eroe, il suo  maestro di vita, dopo Gesù, non è un pittore, ma il poeta e critico d’arte Charles Baudelaire:

“La donna è senza dubbio una luce, uno sguardo, un invito alla felicità, e talvolta il suono di una parola; ma soprattutto è un’armonia generale, non solo nel gesto e nell’armonia delle membra, ma anche nelle mussole, nei veli, negli ampi e cangianti nembi di stoffe in cui si avvolge, che sono come  gli attributi e il fondamento della sua divinità; nel metallo e nel minerale che le serpeggiano intorno alle braccia e al collo, aggiungendo le loro scintille al fuoco dei suoi sguardi, o tintinnando dolci alle sue orecchie. Quale poeta mai, nel ritrarre il piacere prodotto dall’apparizione di una bellezza, oserebbe disgiungere la donna dal suo abito? E qual è poi l’uomo che per la strada, a teatro, al parco, non abbia goduto nella forma più disinteressata, di una toeletta sapientemente composta, e non ne abbia attinto un’immagine inseparabile dalla bellezza di colei a cui apparteneva, così facendo delle due entità, della donna e della veste, un tutto indivisibile?”
(Charles Baudelaire, “Scritti sull’arte”, Torino, Einaudi, 1992.)

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La più bella donna di Parigi, olio su tela, 1883-1885, collezione privata.

Biografia, ancora inedita sulle principali enciclopedie specializzate italiane, di Jacques-Joseph Tissot (Nantes, 1836 – Chenecey-Buillon, presso Besançon, 1902). Di famiglia benestante, figlio di Marcel Théodore, commerciante di stoffe, e di Marie Durand, modista disegnatrice di cappelli, si trasferisce a vent’anni dalla natìa Nantes a Parigi, dove frequenta l’ Ecole des Beaux-Arts. Profondamente cattolico, allievo dei Gesuiti, è autore di tradizionali quadri a soggetto religioso.

Ciò non gli impedisce però di penetrare nel clima parigino dell’epoca. Il démone di Baudelaire comincia ad agitarsi nelle sue viscere, mentre  compie un gesto da Figliol prodigo: prende il nome James (quello di battesimo è Jacques-Joseph) e il portamento inglese, vesti e appartamento raffinato da dandy. Ricco di talento, e quindi in grado di ottenere gli scopi che si prefigge, si getta all’inseguimento del successo e della Moda. Così, dopo Robert de Montesquiou, il principe dei dandies decadenti, si fa anche lui japonisant. Tanto e tanto giapponese da realizzare grandi capolavori e da insegnare disegno nel biennio 1867/68 al nipote dell’ultimo shogun Tokugawa, a Parigi per l’Esposizione Universale.

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L’unico nudo, “giapponese”, mai dipinto da Tissot. Il quadro era stato esposto nella Mostra al Chiostro del Bramante, ma è già stato restituito. Tutti gli altri capolavori si possono ancora ammirare fino a domenica prossima 21 Febbraio.

Il successo lo accompagna sempre, se è vero che dal 1859 al fatidico 1870 espone, lui sì, al contrario degli Impressionisti “refusés”, nei pomposi e barbosi Salons accademici.

Nel 1870, in seguito alla disfatta militare ad opera dei Prussiani, cade Napoleone III e a Parigi viene proclamata la Repubblica, antinapoleonica e filo rivoluzionaria. Nel 1871 Parigi forma la città-Stato della Comune, alla quale pare Tissot, come altri artisti, tra i quali Rimbaud, prenda parte. Fatto sta che, dopo la sanguinosa repressione della Comune stessa, egli emigri in giugno a Londra.

La capitale britannica è per lui un rifugio nel quale si sente sicuro, dato che vi esponeva fin dal 1864 alla Royal Academy, poco prima del Salon parigino dello stesso anno, dove aveva presentato, sulla scìa dei consenguinei Impressionisti, proprio i primi quadri raffiguranti scene della “vie moderne”, divenendo anche lui così un pittore alla moda. Inoltre si era recato probabilmente una prima volta a Londra nel 1869, dove aveva realizzato caricature per la rivista Vanity Fair,

Ma la vera “svolta nella svolta” avviene nella seconda metà del 1875, quando James conosce colei che per circa sette anni diverrà non solo la sua impavida convivente nella puritana Inghilterra vittoriana, che lo smaliziato émigré francese sembra dipingere con un sottile sorriso ironico, ma la sua unica Musa ispiratrice: è la divorziata irlandese Kathleen Newton, già madre di una bambina, Violet, e che, alla sua seconda gravidanza, porta nel grembo forse proprio l’unico figlio di James, certamente il suo pupillo, Cecil George, da lui più volte ritratto.

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La colazione sull’erba, 1881-1882, olio su tavola, Digione, Musée des Beaux-Arts.

Kathleen Newton diviene onnipresente nelle opere tra il 1875 ed il 1882 ed in esse si moltiplicano le scene di serenità familiare. Ma la donna si ammala e muore suicida nel 1882. Distrutto dalla tragedia, Tissot fa immediatamente ritorno a Parigi. Le ultime opere esposte a Londra erano state quelle impressioniste del Figliol prodigo nella vita moderna, che concluderà a Parigi. E il quadro nel quale l’autobiografico protagonista dissipa le fortune ricevute dal padre ritrae, manco a dirlo, delle prostitute giapponesi.

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The Strike of the Lance, 1886-1894, acquerello, New York, Brooklyn Museum

 

E’ il ritorno all’unico e solo vero Maestro di Jacques-Joseph, prima che prendesse il nome d’arte e d’esilio di James: Nostro Signore Gesù Cristo. A lui il nostro protagonista consacra l’ultimo decennio della sua vita, con continui pellegrinaggi in Terrasanta ed in tutto il Medio Oriente.
Come scrive nel catalogo Alison Smith:

“Le illustrazioni di Tissot per l’Antico ed il Nuovo Testamento possono inoltre essere viste come il tentativo di fare per il cattolicesimo ciò che Hunt aveva fatto per i protestantesimo, utilizzando prove scientifiche e archeologiche per affermare il senso del soprannaturale e impiegando le più moderne strategie espositive e di riproduzione per diffondere il messaggio cristiano.”

Giancarlo De Palo & Roberta Strani
giancarlodepalo@gmail.com

 

 

 

Info utili

  • James Tissot
  • Chiostro del Bramante
  • via della Pace 16,
  • 00186 Roma
  • 26 settembre 2015 – 21 febbraio 2016
  • Ingresso: € 13 – ridotto € 11,00
  • Orario: da lunedì a venerdì dalle 10 alle 20; sabato e domenica dalle 10 alle 21
  • (la biglietteria chiude un’ora prima)
  • Info e Prenotazioni: +39 06 916 508 451

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