Ad Aosta un emozionante viaggio nel tempo lungo 6000 anni


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Apre il sito archeologico megalitico unico in europa. Area di eccezionale valore scientifico e ricca di mistero: accanto a dolmen e straordinarie stele antropomorfe, riti antichissimi come la semina dei denti e la trapanazione dei crani nei vivi

aosta

Fervono i preparativi ad Aosta per l’apertura del Parco e Museo Archeologico di Saint Martin de Corléans, dove a partire dal prossimo 25 giugno gli appassionati di archeologia, ma anche studenti, famiglie e semplici curiosi, potranno fare uno straordinario viaggio a ritroso nel tempo di 6000 anni, catapultati in una preistoria avvolta da magia e mistero come su un set cinematografico. Questa volta però sulla scena ci saranno reperti veri, valorizzati da allestimenti curati con estremo rigore storico-scientifico e con l’ausilio delle più moderne tecnologie come touch screen, fasci laser, didascalie parlanti e grafica ricostruttiva, per immergere i visitatori in un’esperienza sensoriale e cognitiva dal forte impatto emotivo e dall’altissimo valore culturale.

Il Parco e Museo Archeologico di Saint Martin de Corléans è un sito eccezionale importanza scientifica internazionale, che ha rivoluzionato le conoscenze della preistoria europea. Si estende su una superficie di quasi un ettaro (9821 mq), di cui 1200 di spazio espositivo, nel quale si alternano testimonianze archeologiche dal Neolitico all’Età del Bronzo, passando per l’Età del Ferro e quella del Rame. Unico in Europa – e uno dei pochi al mondo – in grado di presentare sotto una gigantesca struttura sia i monumenti sia il museo che li illustra, per offrire al pubblico l’emozione di una passeggiata tra le vestigia della preistoria ma anche l’opportunità di approfondire in tempo reale le informazioni sui reperti nelle teche museali che si affacciano direttamente sull’area dei ritrovamenti. Qui sarà possibile sapere di più non solo sui monumenti, ma anche sugli oggetti di uso quotidiano rinvenuti nel sito (utensili di ceramica, macine e macinelli, cereali raccolti dall’uomo della preistoria), e su riti arcaici come la pratica mitologica della semina dei denti (in particolare degli incisivi) o la trapanazione dei crani di persone viventi per motivi di carattere rituale o a scopi medico-terapeutici (il paziente sopravviveva a lungo).

La visita si preannuncia ricca di emozioni e di affascinanti scoperte: incamminandosi lungo un corridoio spazio-temporale, il visitatore viene risucchiato nel vortice del tempo. Si parte dal 1969, quando il sito è stato svelato durante lavori edilizi (una ruspa urtò per caso una stele antropomorfa di 4000 anni), e si arriva in pochi minuti al 4000 a.C., a 6 metri di profondità nelle viscere della terra, sbucando su un’area mozzafiato di 4000 mq: un luogo irripetibile, circondato dalle vette delle montagne, dove il sole sorge e tramonta esattamente come nella preistoria grazie a 500 fari orientabili, gettando sui reperti ombre antichissime e coinvolgenti, e dove la notte permette di consultare le stelle come hanno fatto gli antenati di Saint Martin per posizionare i monumenti rinvenuti nell’area, tutti orientati secondo criteri astronomici.

Il sito archeologico è un luogo remoto, in cui storia, mito e leggende si mescolano dando vita a incredibili suggestioni: si può avvertire la presenza del nobile guerriero vissuto 4500 anni fa a cui probabilmente è dedicato il grande dolmen, il monumento funerario che svetta al centro degli scavi, eretto su una piattaforma triangolare di pietre che ricordano la figura del pugnale o della freccia, o ancora quella di una nave funeraria. Si possono incontrare, sotto forma di 46 stele antropomorfe, divinità, eroi e capi guerrieri rimasti per millenni a guardia di un mondo inghiottito dal tempo: dee con i capelli intrecciati, le sopracciglia curate, l’abito ricercato in fibra vegetale e splendidi monili, insieme a capi guerrieri vestiti di cuoio e pelliccia, con pendagli al collo e pugnali, arco e frecce nella cintura. Enigmatici e misteriosi, hanno 4500 anni e un’incredibile forza e freschezza che li fa sembrare vivi nonostante siano letteralmente “persone di pietra” (megaliti, dal greco grande pietra).

A Saint Martin de Corléans il passato sembra presente: sotto la volta celeste si ha l’impressione di sentire rieccheggiare voci e canti con cui 6000 anni fa gli uomini preistorici hanno arato il grande campo per consacrarlo a santuario a cielo aperto, mentre quasi 5000 anni dopo pare aleggi ancora l’odore dei buoi arsi nei pozzi ai piedi di 12 pali di legno, forse dei totem, utilizzati per il compimento di riti sacri. Tutt’intorno si percepisce il respiro collettivo degli uomini e delle donne che abitavano in villaggi vicini ancora oggi sepolti, in attesa di essere localizzati e riportati alla luce dagli archeologi. Secondo gli studiosi, infatti, la funzione unicamente sacrale dell’area archeologica presuppone l’esistenza, nelle immediate vicinanze, di uno o più abitati, che dovrebbero trovarsi a nord-ovest del sito archeologico. Il mistero di Saint Martin, dunque, non è ancora completamente svelato.

 

 

APPROFONDIMENTI

Il sito archeologico di Saint Martin de Corléans, che prende il nome dall’attigua chiesa romanica dedicata a San Martino, ha la copertura architettonica a forma di lanterna, per simboleggiare il lavoro dell’uomo alla ricerca delle proprie origini. È stato realizzato grazie all’impegno dell’Assessorato Istruzione e Cultura della Regione Autonoma Valle d’Aosta in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali, una sinergia che ha permesso di concludere un lungo e difficile percorso, durato decenni a causa della vastità del giacimento e della complessità delle indagini archeologiche.

STORIA ED EVOLUZIONE DEL SITO ARCHEOLOGICO

Tutto cominciò nel 1969. Era il giugno del 1969 quando, nel corso di scavi edilizi per le fondamenta di una serie di condomini alla periferia occidentale di Aosta, una ruspa urtò un’inusuale lastra di pietra: con grande sorpresa e stupore, si scoprì che si trattava di una stele antropomorfa di più di 4000 anni fa, rimasta per un tempo lunghissimo a guardia di un mondo inghiottito dalla storia, in attesa di essere riportata alla luce dai discendenti del Terzo Millennio. L’area è stata subito acquisita dalla Regione autonoma Valle d’Aosta, che nel 1970 ha dato il via a indagini e scavi più approfonditi, con campagne annuali proseguite fino al 1990, e poi riprese dal 2001 con nuovi sondaggi e operazioni di microscavo. Un iter lungo e complicato a causa della vastità del giacimento e della complessità delle indagini archeologiche.

Da santuario ad area funeraria. Gli scavi hanno raggiunto 6 metri di terreno in profondità, suddivisi in 8 fasi, testimonianza ciascuna di un preciso momento d’uso dell’area. Attraverso la tipologia dei reperti e la datazione radiocarbonica, è stato possibile seguire le attività svolte dall’uomo dal Neolitico finale (4100–3900 a.C.), documentate da un’aratura rituale e da fosse circolari (“pozzi”) contenenti offerte, a tutta l’età del Rame (3000-2500 a.C.), quando il sito è frequentato come santuario a cielo aperto. I simulacri di culto, tutti orientati secondo criteri ritenuti astronomici, sono inizialmente una serie di pali lignei, forse dei totem, di cui restano solo le fosse di alloggiamento (i resti di ossa di bue incenerite rinvenute alla base confermano lo svolgimento di cerimonie rituali), successivamente lastre monolitiche che riproducono la figura umana, le stele antropomorfe. In seguito l’area è stata utilizzata con funzione funeraria, con l’innalzamento di imponenti monumenti funebri costruiti con megaliti, come il maestoso dolmen. La funzione funeraria viene mantenuta anche nell’età del Bronzo (2200 – 1600 a.C.) quando le stele sono riutilizzate per costruire tombe a cista (costituite da sei lastre di pietra a formare una sorta di scatola) e nell’età del Ferro, tra i secoli XI e I a.C., con la realizzazione di tombe galliche e romane.

 

Datazione DELLE FASI DI Saint Martin de Corléans

 

Prima del 4000 a.C. Prima aratura
4000 a.C. “Pozzi” contenenti macine e resti di cereali
2900-2500 a.C. Allineamento di pali di legno rituali in fosse cilindriche contenti ceneri di bue
2900-2500 a.C. Allineamento di stele antropomorfe
2900-2500 a.C. Costruzione di piattaforme quadrangolari
2700-2200 a.C. Costruzione di tombe megalitiche realizzate fuori terra
2200-1600 a.C. Costruzione di ulteriori tombe megalitiche attraverso il riuso di stele antropomorfe
1100 a.C. Costruzione di una muraglia ai lati del dolmen
1100-100 a.C Realizzazione di tombe galliche e tombe romane

 

LA VISITA AL MUSEO

La passerella spazio-temporale, un indimenticabile viaggio nella storia. La visita al sito di Saint Martin de Corléans inizia da un lungo corridoio discendente che porta il visitatore verso le profondità della terra, facendogli compiere un suggestivo viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio. Sulla soglia, un calendario perpetuo indica l’epoca odierna poi, man mano che si prosegue, altri pannelli ricordano i più importanti avvenimenti della storia del luogo, intrecciata con quella planetaria, con i volti e le immagini dei suoi protagonisti, da Neil Amstrong e Buzz Aldrin – protagonisti dell’allunaggio pochi giorni dopo la scoperta dell’area archeologica aostana, – da Napoleone a Cristoforo Colombo, da Carlo Magno a Cesare Augusto, ai faraoni dell’antico Egitto, fino ad accompagnare il visitatore a 6 metri di profondità e indietro di 6000 anni, al momento in cui inizia la frequentazione del sito da parte dell’uomo.

 

L’area degli scavi, 500 luci per calarsi nel Neolitico. La passerella temporale termina il suo conto alla rovescia aprendosi su una grande area coperta di circa 4mila mq per offrire una visione mozzafiato: un imponente dolmen svetta su una piattaforma triangolare di pietre, forse il simbolo di una freccia o di un pugnale, e intorno tombe e arature a scopo di culto orientate secondo criteri astronomici. Un gioco di luci, reso possibile da 500 fari orientabili, fa sorgere e tramontare il sole sotto la volta celeste, sempre scrutata e consultata fin dalla preistoria, e proietta sul terreno le ombre dei reperti, immergendo il visitatore nell’atmosfera e nel paesaggio in cui viveva l’uomo dal Neolitico all’età del Ferro, passando per l’età del Rame e quella del Bronzo: dai rosati dell’alba, ai gialli del mezzogiorno, ai bianchi del primo pomeriggio, ai rossi violacei del tramonto, agli azzurri metallici e bluastri della notte. Un grande schermo trasparente si sovrappone alla visione degli scavi per mostrare, attraverso la grafica ricostruttiva, come si svolgeva la vita in quel luogo tra il 4000 e il 1100 a.C., mostrando inoltre com’è stata rinvenuta l’area dai primi archeologi, con la posizione originale dei reperti poi trasferiti nelle teche museali.

 

Il Museo Archeologico, il passato ritorna attraverso touch screen e fasci laser. Il percorso espositivo prosegue salendo su una balconata-belvedere che si affaccia sugli scavi, dove si possono ammirare i monumenti rinvenuti dagli archeologi: qui per la prima volta si realizza un dialogo continuo tra reperti, luogo del loro ritrovamento e didattica museale, una scelta innovativa che offre al visitatore una fruizione completa del sito, regalando un’esperienza conoscitiva ed emotiva ad ampio spettro. Stele antropomorfe, tombe, pali rituali, macine, resti di cereali offerti durante le cerimonie sacre, testimonianze della lavorazione dei metalli, della semina di denti umani e della trapanazione dei crani di persone viventi (o a scopi medico-terapeutici – il paziente sopravviveva a lungo – o per motivi di carattere rituale) sono esposti in sei diverse sezioni, in un allestimento elegante e minimale che valorizza gli oggetti custoditi, anche grazie a soluzioni tecnologiche all’avanguardia: fasci laser, touch screen e didascalie parlanti sono in grado di suscitare stupore e curiosità per le ipotesi interpretative più seducenti sui miti e le personalità eroiche di un passato lontanissimo.

Le stele, testimoni “viventi” del passato. Maestose e imponenti (alte fino a 3 metri) le stele antropomorfe sono senza dubbio i reperti più emozionanti rinvenuti nel sito archeologico. Si tratta di monumenti celebrativi dedicati al culto di capi guerrieri, eroi o divinità, raffigurati con armi e oggetti forgiati in metallo. Osservando queste sculture di fattura elaborata e grande espressività, sembra quasi di incontrare persone “vive”, con i loro volti, i vestiti ricercati, gli accessori che ne raccontano il ruolo nella società del tempo. Realizzate con lastre monolitiche di rocce scistose bruno rosate o di marmo bardiglio grigio, di forma trapezoidale o rettangolare, riproducono infatti la figura umana in modo sintetico ma ricco di dettagli che lasciano intuire sia il genere che il ruolo sociale: sono infatti visibili le parti del corpo (testa, sopracciglia, naso, braccia allungate o piegate ad angolo retto, mani), gli abiti (intrecciati o tessuti, realizzati con pelli o pellicce, cuoio, fibre vegetali), gli ornamenti (collane, cinture), gli attributi (pendaglio a doppia spirale) e le armi (arco, frecce, accetta, pugnale).

Gli uomini di Saint Martin, chi erano e da dove venivano. Gli studiosi sono ancora al lavoro per chiarire se i protagonisti dell’affascinante storia di Saint Martin de Corléans fossero discendenti dei cacciatori del Mesolitico, insediatisi nel Neozoico al termine della glaciazione, oppure se si trattasse di popolazioni venute dal Mediterraneo, come suggeriscono alcuni reperti riconducibili alla cultura di estrazione egeo-anatolica o transacaucasica. Il luogo dei ritrovamenti è infatti un’antichissima via di comunicazione transalpina che collega la Pianura Padana alla Francia e alla Svizzera, da sempre via di passaggio e migrazioni, come conferma anche il ritrovamento di testimonianze preistoriche nei pressi del Piccolo e del Gran San Bernardo. La stretta relazione culturale tra i versanti alpini è dimostrata anche dai ritrovamenti archeologici di Sion, nell’alta valle del Rodano, dove gli scavi hanno portato alla luce un sito con stele antropomorfe e monumenti funerari, simile e contemporaneo a quello di Aosta.

 

IL FUTURO DELL’AREA ARCHEOLOGICA

Apertura in due tappe. Gli oggetti esposti nel museo rappresentano l’epoca più ricca e affascinante di testimonianze archeologiche, quella che va dal Neolitico alla prima Età del Bronzo. In una seconda fase sarà inaugurata la sezione riguardante i reperti che documentano l’occupazione dell’area nelle età del Bronzo e del Ferro, in età romana e infine nel Medioevo. Nel Museo troverà posto anche un Centro di Ricerca per il Megalitismo. Aprirà al pubblico in un momento successivo anche la porzione degli scavi sottostante il lato Sud della lanterna, in superficie divisa in due dalla strada che attraversa il quartiere, ma collegata a livello del giacimento archeologico con l’area Nord di imminente inaugurazione, per una futura visione del sito a perdita d’occhio, con circa un ettaro di parco coperto. I reperti rinvenuti in quest’area, attualmente chiusa al pubblico, riguardano la frequentazione del sito nella preistoria recente.

Dagli scavi a una nuova idea di città. Attraverso la realizzazione del parco archeologico l’Amministrazione regionale della Valle d’Aosta ha voluto dare una nuova funzione all’area urbana intorno agli scavi, in modo che quest’ultima non rimanesse legata solo alla memoria e alla storia, ma anche all’attualità. Con l’obiettivo di aumentare la fruibilità del quartiere, sopra la struttura del parco-museo è stata realizzata una grande piazza, uno spazio all’aperto che nei prossimi anni costituirà un luogo di aggregazione, ospitando sia manifestazioni locali che attività connesse alla realtà del quartiere. Perché dalle ceneri del Neolitico nasca un nuovo modo di vivere la città e i suoi tesori.

 

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