Parole che curano


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parolechecuranoFrancamente non ho mai capito il mercato dei libri che sforna in continuazione titoli ma che li rende vecchi in breve tempo. Ci sono libri che non invecchiano perché contengono valori che restano immutati e quello di Franca Parizzi e del giornalista scientifico Maurizio Fossati (tra l’altro insignito del prestigioso Premio Giovanni Maria Pace) è uno di quelli. Parla di malati e di come la buona medicina e una medicina che ‘curi’ davvero in modo da estendere il concetto dalla ‘mera’ guarigione deve prendersi carico dell’individuo nel suo complesso. Eppure questo processo accade raramente. In uno stato di fragilità, di timore, di ingresso in un mondo diverso, ospedaliero o ambulatoriale, la persona viene svestita del suo ruolo e diventa un cognome, un numero, un ‘caso’, una patologia. Questa trasformazione, questo passaggio antropologico è quanto di più sconvolgente e disumano possa esserci perché spoglia l’individuo della sua identità, lo svuota, gli fa perdere di senso. Allora si è scoperto che i malati che invece possono parlare di sé, mantenere salda la propria identità e perché no l’autorevolezza, sono quelli che guariscono prima e meglio. In parte anche perché nella storia di ciascuno di noi possono risiedere le chiavi della cura, dell’aderenza alla terapia che renderà il percorso più o meno arduo. Conoscere il paziente e guardare oltre il caso clinico è una delle sfide della medicina del futuro, che andrà insegnata nelle facoltà di medicina e infermieristica. Le persone infatti prima che essere etichettati come malati sono esseri relazionali, che per primi vengono investiti dall’impatto della malattia. Hanno bisogno quindi di instaurare relazioni e parlare della propria condizione. Su queste fondamenta nasce la medicina narrativa, esperienza che prevede anche la capacità di ascoltare da parte del medico. Coraggio e speranza, empatia per non interrompere una storia di vita.

Nella prefazione del compianto Umberto Veronesi l’oncologo racconta: ‘ho imparato che uno degli aspetti più crudeli delle malattie è la progressiva solitudine in cui si cade poco a poco. L’ospedale e la malattia spersonalizzano ma il medico può restituire al paziente la sua individualità. Un dialogo che fa bene al malato ma anche al complesso processo di cura.”

Dolore, infermieri, medici che si ammalano e che decidono di delegare le scelte che li riguardano ad altri sanitari ma che quando tornano a fare la professione cambiano il modo di vedere le cose e magari vedono più chiaramente di che cosa hanno bisogno i loro assistiti, genitori che vedono i propri figli stare male, persone che considerano la malattia una tappa inevitabile, un percorso più o meno lungo. E’ una carrellata di umanità che non ci lascia indifferenti perché molti di noi hanno provato la sensazione di essere malati e si sono confrontati col dolore.

Johanna Rossi Mason

 

Franca Parizzi e Maurizio Fossati

Parole che curano – l’empatia come buona medicina

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Prezzo 14 euro

Pp 231



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