L’uomo che inventò la Littizzetto


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Sessant’anni, immagine semplice e bonaria di baffuto gentiluomo di campagna, origine veneta, piemontese d’adozione. Ha un figlio grande, ma si è sposato da poco per la prima volta con rito indiano. Sergio Martin  è  impresario smaliziato e organizzatore di grande esperienza. Uomo espansivo e sanguigno, bevitore vigoroso, piacevolmente conviviale e capace di generosi slanci, ama definirsi “operaio della cultura”, dopo una vita di battaglie nella politica e nello spettacolo. A Torino il Café Procope e il teatro Juvarra di Martin hanno rappresentato dal 1989 al 2005 un luogo raffinato d’arte e intellettualità, centro elegante di vita notturna e insieme spazio aperto a esperimenti e innovazione: vivaio giovanile di attori, musicisti, cabarettisti, mimi, clown e altro ancora. Fra tango, jazz e musica folk. In teatro trovavi molta prosa, incontri letterari, spettacoli d’arte varia e dibattiti sui grandi temi sociali. Ambienti in legno pregiato e ferro battuto stile Liberty.  Grande amico di Dario Fo, Eduardo De Filippo, Gaber e De Gregori, Sergio Martin ha lanciato artisti come Luciana Littizzetto, Paolo Conte e Lella Costa. Nel 1973 ha organizzato a Pontedera il primo concerto di Fabrizio De André, che solo grazie a  lunghi sorsi di whisky superò la prova dell’impatto col pubblico. Ha incontrato di persona  figure come Moravia (“abitazione piccolo borghese”) e Pasolini (“potentissimo fascino intellettuale”).

Oggi ne parla volentieri, evocando un’infinità di episodi e retroscena. Già da ragazzo organizza piccoli spettacoli nella periferia di Mestre. Frequenta le medie e impara il mestiere di falegname. Le scuole serali, poi l’esperienza della facoltà di sociologia di Trento, con i suoi fermenti di inquietudine e turbolenza. Per l’Italia è una stagione violenta e difficilissima. Tra Milano e Roma, comincia a frequentare la nomenclatura della sinistra politica e artistica. Conosce Dalla, Morandi, Venditti, Rino Gaetano. Organizza la prima tournée al Sud di De Gregori, e lo difende quando è pittorescamente contestato dalle femministe. Nel ’74  si trova a New York , e quasi per caso incontra John Lennon con Yoko Ono nella hall del loro albergo. Parlano di musica e fratellanza. Ma è a Milano, roccaforte del cabaret colto, che Martin intreccia i rapporti più significativi: Gaber, Jannacci, Lauzi, Streheler (“mostro sacro, genio megalomane”). E Dario Fo: “Un altro genio, che vive in una  dimensione  strampalata e paradossale come in scena.” Fo non sa gestirsi,  arriva a spendere tre milioni per una cena con la troupe: lui così gli fa da amministratore, e con mostre itineranti lo fa conoscere nei vari paesi europei, compresa quella Svezia che nel 1999 gli avrebbe riconosciuto il Nobel.

 

Ma il successo arriva col boom di Paolo Conte, dove Martin si gioca tutto. Il primo concerto milanese è un trionfo per il musicista di Asti. Che nell’89, all’apertura del Procope, vorrà sdebitarsi con una smagliante serata gratis.  Che cosa ha rappresentato per Torino l’esperienza del Procope-Juvarra? “Uno spazio genuinamente aperto, diversamente da altre strutture cittadine. C’era un rispetto, un gusto del rischio. Ciò che oggi manca.” Torino vi ha capito? “Ci ha capito il pubblico, le istituzioni meno.” Cosa è rimasto di quel clima speciale? Qualcuno in città ha raccolto la vostra eredità? “Forse il Teatro per l’Europa e il Gran Teatro Urbano.” Di tanti cantautori, chi era il più spiritoso? “Rino Gaetano, di certo.” Il più riflessivo? “ Direi Gaber.” I più timidi? “De Gregori e De André.” Il meno di sinistra? “Bruno Lauzi.”  Nel 2010 Martin ha pubblicato un’autobiografia “per capire chi sono e dove vado”, usando il sito internet Il mio libro.it (Gruppo Repubblica-L’Espresso), dove è possibile stampare e distribuire manoscritti tramite Feltrinelli. Recentemente ha presentato con successo la sua opera alla Fiera del Libro. Titolo: “Di mestiere faccio l’organizzatore” (180 pagine, 10 euro). Infatti organizza sempre un po’ ovunque happening e spettacoli d’ogni genere. L’avventura continua.

Gian Luca Caffarena



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