I Fichi, simbolo di abbondanza


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Il fico è uno tra gli alberi più antichi e conosciuti dall’uomo; nel ”Vecchio Testamento” rappresenta uno dei simboli di abbondanza legati alla Terra Promessa. Era apprezzato dai Greci e dai Romani. In Calabria la più diffusa varietà di fico è il “Dottato”, tipico e caratteristico delle colline nel cosentino. E’una pianta che produce un frutto eccellente, carnoso, morbido; gli acheni (semi) sono piccoli e poco numerosi, che quasi non si sentono sotto i denti, (caratteristica che li differenzia dai fichi d’importazione), tali proprietà si conservano nei fichi che vengono essiccati al sole e poi lavorati. La saggezza contadina e la necessità di avere scorte di cibo nei periodi di magra, ha regalato ai posteri una delizia unica, ”i fichi secchi”.  Tipico dolce che imbandisce le “buffette” (la tavola in dialetto calabrese) nel giorno di Natale, indispensabili per la preparazione di alcuni dolci tipici (petrali, pitta ‘nchiusa o pitta ‘mpigliata). Nell’antichità le legioni romane li utilizzavano come cibo di riserva e gli antichi greci preparavano pane con fichi secchi.

…“Nozze con i fichi secchi” … Voi non credete che sia venuto il momento di farle le nozze con i fichi secchi? Sfatare la credenza, valorizzarli ed offrirli sempre nei banchetti nuziali. I fichi, raccolti in calde giornate di agosto vengono posti ad essiccare nelle classiche “sparrazze” (ceste rettangolari prodotte in legno di castagno, sfogliato e intrecciato a mano), rigirati più volte, aromatizzati e farciti con scorrette di arancia e cedro canditi, noci e mandorle, cannella oppure ricoperti di squisito cioccolato bianco o fondente.

 

Come in tutti i popoli contadini, anche in Calabria si usava consacrare le primizie alle divinità.  Le feste pagane ereditate dal mondo greco-romano sono state sostituite dalle festività cristiane e ancora oggi in molti paesi sono vive le antiche consuetudini, molte delle quali si sono mantenute grazie alla tradizione gastronomica. Molte le leggende legate a questo prodotto e che ancor oggi gli anziani amano raccontare. Una, vuole la conservazione dei fichi, immersi di vino cotto (detto anche sapa), in “giarruni”, recipienti di terracotta, per conservarli fino alla festa di Sant’Antonio.

Un’altra leggenda calabrese racconta che Maria, Giuseppe e Gesù, mentre stavano fuggendo da Nazareth verso l’Egitto per scampare alla strage ordinata da Erode, trovarono rifugio di notte sotto un albero di fico che accolse la sacra famiglia allargando le sue grandi foglie fino a nasconderla agli occhi dei soldati.
Il mattino seguente, svanito il pericolo, la Madonna uscì e benedicendo l’albero disse: «Due volte all’anno darai i frutti più dolci della terra».
Noi calabresi amiamo credere che per questo motivo, a giugno e a fine estate il fico produce frutti dolcissimi: in ricordo della leggenda, consumiamo i fichi seccati al sole per celebrare la nascita di Gesù Bambino.

Tra sacro e profano il rituale dei “fuochi” accesi in onore di Santa Lucia, soprattutto fra le comunità di pastori calabresi, che con danze mimiche di antichissima origine, al suono della zampogna, attraversano le fiamme dei falò. Usanza caratteristica della festa è la distribuzione di fichi secchi (in numero di 9 o di 13, diverso da paese a paese) ai poveri.
(Tale rito ricorda le antiche celebrazioni di cultura greco-romana in onore di Fauno, divinità romana metà uomo e metà capra, protettore delle greggi e dei pastori; e un’altro rito pagano, la “Festa del fuoco purificatore” di reminiscenza celtica). Diverse sono le lavorazioni, le classiche per tradizione sono:

Trecce di fichi – I fichi raccolti in calde giornate di agosto vengono posti su graticci di legno di castagno, chiamati “sparrazzi” ed esposti al sole durante la giornata; di sera vengono riportati al chiuso e così via per diversi giorni.

Ad essiccazione completa, vengono aromatizzati, infilzati a treccia, utilizzando materiali diversi da provincia a provincia, in sottili steli di mirto in provincia di Cosenza, nel reggino in bastoncini di canna appositamente tagliata e appuntita meticolosamente a mano. Sono i più classici della tradizione.

Bocconcini – I fichi, raccolti in calde giornate di agosto vengono posti ad essiccare interi, rigirati più volte, aperti a metà, aromatizzati e farciti con mandorle.

Crocette – I fichi vengono tagliati in due e posti ad essiccare al sole.
Quattro fichi farciti con mandorle, arancia, vengono sovrapposti e chiusi a forma di crocette, dopo la pressatura vengono disposti in teglie di latta e cotti al forno, aromatizzati con polvere di cannella o di garofano.

Palloni – I fichi, raccolti sempre parzialmente appassiti, non vengono essiccati al sole ma in forno moderatamente caldo, rivoltandoli spesso fino al raggiungimento di un denso colore marrone. Si cospargono di zucchero e di polvere di cannella e arancia, si foggiano a mo’ di palloni e si avvolgono in foglie di fico raccolte il giorno precedente e fatte appassire leggermente. I fichi così preparati si legano con delle rafie e si rimettono in forno dolcemente caldo per breve tempo. Tale preparazione, laboriosa e complessa, era riservata ai fichi da inviare in dono a parenti e amici lontani.

Beatrice Zadera



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