Letto per voi: Con cura


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Prendo spunto da una notizia fresca di giornata: ad un concorso milanese per 300 posti da guardia medica dove si presentano solo in 90 con la giustificazione che l’impegno è troppo faticoso rispetto all’impegno richiesto. Ho da poco finito di leggere uno dei libri più semplici ma appassionanti che abbia avuto la fortuna di incontrare sul mio cammino, parla di medici, di passione, di un modo diverso di fare questo lavoro recuperando strumenti semplici come l’ascolto, la capacità di ammettere di aver sbagliato, la determinazione a fare sempre il massimo. Atul Gawande è un medico di origine indiana  trasferitosi negli Stati Uniti che esercita a Boston ed è Assistant Professor alla Harvard Medical School. Il suo assunto è che facendo del proprio meglio si può fare di più e che per cambiare le cose e salvare le persone non servano necessariamente più denaro o più strumenti tecnologici. Piccoli gesti apparentemente scontati come visitare una paziente una volta di più o ascoltare ‘davvero’ quello che dice che può rivelare un aspetto risolutivo della cura.

Durante questo agosto torrido mi è capitato di finire al pronto soccorso del piccolo ospedale della zona dove ho ascoltato il racconto di una Paramedico di lungo corso, di quelle a bordo delle ambulanze. Chiamati in una casa per una lite familiare scambiano qualche parola con un anziano in casa che riferisce di stare bene, giusto un po’ di mal di testa e che solo dopo dieci minuti rivela con candore di ‘tossire sangue da una settimana’, che gli è valso un ricovero tempestivo che gli ha salvato la vita.

La medicina è a torto considerata una scienza esatta e talora si trova con le armi spuntate e in difficoltà per non saper ammettere i propri limiti. Gawande con una lucidità rara si chiede sin dove ci si possa spingere, quando è necessario fermarsi, come comportarsi se si è arrecato danno ad un paziente e quanto dovrebbe guadagnare un medico. Ma passa con altrettanta maestria a discutere degli strumenti immateriali del medico che a suo parere devono essere la scrupolosità e l’attenzione al dettaglio, tentare di fare la cosa più giusta e mettere nel proprio lavoro l’ingegnosità ossia la costante ricerca di soluzioni nuove così come potrete leggere nel capitolo dedicato alla medicina di guerra.

Un libro limpido e onesto che dovrebbero leggere gli studenti di medicina al primo anno di università ma anche i comuni cittadini perchè a chiunque può capitare di essere almeno una volta nella vita, un paziente.

Johann Rossi Mason

 

Atul Gawande

Con cura

Einaudi 2008

pp. 242

Euro 18,00



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