Bellini, Pinturicchio, Michelangelo: erano a Parigi per la mostra “I Borgia”. Il liquidatore: «Rivolgetevi al museo»
C’è l’eccelso Ritratto de Cardinal Farnese di Raffaello, in prestito dalla Galleria di Capodimonte a Napoli, la Trasfigurazione del Cristo di Giovanni Belliniarrivato dal Museo Correr di Venezia. C’è il Bambin Gesù delle mani delPinturicchio, frammento proveniente dagli affreschi che decoravano gliAppartamenti Borgia in Vaticano, prestato dalla Fondazione Guglielmo Giordano di Perugia. Moltissime, delle settanta opere che sono stato ammirate fino al 15 febbraio al museo Museo Maillol di Parigi nella mostra Les Borgia, con la cura dell’italianissimo Claudio Strinati, fanno parte del patrimonio culturale italiano. Anzi, come spiega proprio Claudio Strinati «sono tasselli imprescindibili di un unico patrimonio».
Imprescindibili ma bloccati a Parigi. Perché la Tecniarte, società incaricata dell’organizzazione delle mostre temporanee del Museo Maillol, nel frattempo è fallita. E Denis Gasnier, incaricato dal Tribunale di Parigi, di liquidare la società stessa, ha annullato i contratti precedentemente stipulati tra il Museo e i prestatori delle opere. Al momento quindi, visto che la Tecniarte non è più in grado di far fronte agli obblighi precedentemente presi con gli enti prestatori tra cui quello del trasporto delle opere alle loro sedi d’origine, le stesse potranno tornare in Italia soltanto se i proprietari se le andranno a riprendere. Ovviamente a spese loro.
Una situazione paradossale per molti fra i tanti che avevano dato in prestito opere fondamentali del loro patrimonio: il Museo di Palazzo Venezia e la Pinacoteca di Brera, la Galleria Borghese e la Galleria nazionale di Arte antica di Palazzo Barberini a Roma; Casa Buonarroti a Firenze; il Convento di San Marco sempre a Firenze, la Galleria dell’Accademia a Venezia. Il Museo del Bargello, che ha prestato il Crocifisso policromo di Michelangelo. Tutti nell’identica situazione: affrontare le spese per far rientrare in Italia le loro opere, prestate per dar lustro ad una mostra francese.
Le “carte”, d’altronde, parlano chiaro: «Nell’ipotesi che vi fosse un contratto di prestito firmato da Tecniarte o dalla Fondazione del Museo Maillol – si legge infatti nella lettera inviata dal liquidatore ai prestatori – vi preciso che non siamo in grado di assicurare le prestazioni che derivano da tale contratto». E poiché tra le prestazioni ci sono, appunto, le spese per il “rientro” in patria dei capolavori, è evidente che le opere potranno rientrare solo a patto che i proprietari vadano direttamente a riprendersele. Particolare che, infatti, è ben specificato nel passaggio successivo della lettera: «Per la restituzione delle opere vi invito pertanto a contattare la Fondazione Dina Vierny – Musée Maillol».
«Sono sconvolto. Non so cosa dire – risponde sconcertato Strinati, stimato e appassionato esperto del Seicento e del Rinascimento italiani ed ex soprintendente del Polo Museale Romano dal 1991 al 2009 – Non mi ero mai trovato in una situazione del genere». Possibile però che nessun dubbio sia emerso nei mesi di preparazione della mostra? Nessun campanello d’allarme? «Assolutamente no – risponde – abbiamo lavorato benissimo: uno staff efficientissimo e un’ottima organizzazione. Senza parlare dell’eccellente presentazione della mostra che ha avuto un ottimo riscontro di pubblico e di critica».
Non era però un mistero che il Musée Maillol versasse in pessime acque. Ora, come preannunciato anche da “Le Figaro”, arriva la conferma dal sito ufficiale del museo che, dopo la chiusura della mostra dedicata ai Borgia, il famoso palazzo in rue de Grenelle, a pochi passi dall’ambasciata italiana a Parigi, non riaprirà per affrontare un lungo periodo di ristrutturazione. « Non c’è nessun legame tra il fallimento della mia società, dovuto al calo della frequentazione del museo, e la chiusura del museo. Il museo non è responsabile del fallimento di Tecniarte», aveva spiegato al quotidiano francese la direttrice della Sarl Tecniarte Patrizia Nitti. Ma i giornali avevano parlato di una situazione economica e finanziaria disastrosa: un buco di 1,3 milioni di euro era la cifra a cui aveva fatto riferimento il “Journal des Artes”.
Maria Grazia Filippi
Fonte: artemagazine.it