Buon compleanno jukebox


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jukebox3Buon compleanno jukebox. La ‘scatola magica’ che ha fatto sognare e innamorare intere generazioni esordì il 23 novembre di ben 125 anni fa, e non poteva che fare la sua prima apparizione negli States, a San Francisco, al Palais Royale Saloon. Soppiantato prima da walkman e lettori mp3, poi da iTunes, Spotify, iPod e altri congegni della Rete, il jukebox mantiene ancor oggi un fascino intramontabile che ne fa uno dei pezzi vintage più amati e ricercati dai collezionisti.

Il primo jukebox nacque nel lontano 1890 da un’idea dell’imprenditore Lois Glass: consisteva in un fonografo di Edison (classe M) incassato in un armadio di quercia. Da qui fuoriuscivano quattro tubi simili a stetoscopi che permettevano a quattro persone di ascoltare musica contemporaneamente semplicemente avvicinando all’orecchio le estremità delle 4 ‘serpentine’. L’apparecchio installato in California dalla Pacific Phonograph Co. in realtà aveva ben poco a che fare con il lettore diventato simbolo del consumismo e dell’America anni ’50. Ma la monetina -il ‘dazio’ da pagare per ascoltare un motivo musicale- c’era anche all’epoca.

Da qui il nome di ‘nickel-in-the-slot-player’, poiché ai tempi le monete erano coniate con il metallo che diede nome al primo esemplare. Ancor meno nobile il nome che venne attribuito al congegno musicale successivamente, negli anni ’30: pare infatti che il termine jukebox derivasse dallo slang ‘juke house’, ovvero dalle case di tolleranza in cui la musica era elemento immancabile.

Ben presto però lo strano apparecchio nato a San Francisco irradiò il suo fascino e conquistò nuove fette di mercato, una dopo l’altra. Così negli anni ’30 i ‘juke-joint’ divennero i bar in cui si ballava e le ‘juke-bands’ i gruppi musicali che vi si esibivano. Ma è negli anni ’50 che il jukebox raggiunse l’apice del successo: immancabile nei bar e nelle sale da ballo statunitensi, nonché nelle scenografie di film e serial. Come dimenticare Arthur Fonzarelli, in arte Fonzie, che con un pugno ben assestato accendeva il jukebox del drive in Arnold’s?

Ma torniamo alle origini. Dopo l’esordio del 1890, il jukebox si affermò prepotentemente sulla scena negli anni ’30, complice la crisi del ’29 e la grande depressione che ne seguì. Grandi aziende come la Wurlitzer, Ami, Rock-Ola, produttrici di pianoforti a gettoni, risentirono, oltre che della forte recessione, del successo della radio che aveva progressivamente ‘cannibalizzato’ il loro mercato di riferimento.

Per riposizionarsi, rispolverarono la geniale idea di Lois Glass adattandola alle nuove esigenze dei consumatori: un lettore in grado di consentire la selezione tra vari dischi sembrò la scelta vincente. In effetti la diffusione della nuova macchina musicale ebbe dell’incredibile. Un numero su tutti: nel 1936 la Wurlitzer vendette più di quarantamila jukebox, record mai uguagliato nella storia.

Gli apparecchi prodotti in questi anni avevano il mobile in legno e permettevano di selezionare un massimo di 12 dischi tutti rigorosamente a 78 giri. I dischi erano disposti in una pila verticale dalla quale di volta in volta venivano estratti e suonati. Ben presto i modelli si riempirono di materie plastiche illuminate, rifiniture che li rendevano più vistosi e appetibili accendendo una vera e propria corsa all’ultimo modello.

La Seeburg fu la prima, nel 1938, a produrre un jukebox decorato, con un’impennata delle vendite che suggerì alle altre case produttrici che era quella la strada da battere. Ne conseguì una concorrenza agguerritissima, con lettori che venivano cambiati di anno in anno benché fossero perfettamente funzionanti. ‘Passati’ inizialmente ai locali di campagna, finivano ben presto per essere distrutti a colpi d’ascia, soppiantati da nuovi modelli.

I designer proponevano apparecchi dalle forme sempre più accattivanti: una linea giusta o un colore intrigante potevano far la differenza facendo schizzare le vendite e determinando la fortuna di un prodotto piuttosto che di un altro. Nel 1940 fu realizzato, per la prima volta, un jukebox la cui sommità era ad arco anziché squadrata. L’idea si rivelò brillante, tanto da determinare la linea di tutti gli esemplari dei successivi dieci anni. Durante la seconda guerra mondiale, tutte le grandi case costruttrici dovettero convertire la loro produzione per fabbricare materiale bellico. E anche i jukebox tacquero, silenziati dal rumore delle bombe.

Finita la guerra, il jukebox tornò prepotentemente sulla scena, complice la più grande campagna pubblicitaria mai ideata per una macchina a moneta. Il Wurlitzer 1015 -ben presto un ‘must’ nei locali più in voga- divenne in poco tempo il simbolo della voglia di divertirsi che contagiava come una febbre gli americani alla fine della guerra. Su riviste e giornali intere pagine venivano dedicate ai giovani che si scatenavano attorno alla ‘scatola magica’, protagonista anche di gadget e oggetto di desiderio per milioni di giovani in tutto il pianeta.

Quanto il vinile soppiantò la lacca, mandando in pensione il 78 giri a aprendo la strada al 45, il jukebox non si fece trovare impreparato. Non solo: ben presto il ‘giocattolo musicale’ ampliò anche la sua capacità di lettura. Se inizialmente la scelta era tra 12-24 dischi, nel 1948 la Seeburg sbaragliò la concorrenza, presentando un modello che consentiva la scelta tra 100 dischi. Fu un duro colpo per la Wurlitzer e per le altre marche concorrenti, che faticarono non poco per realizzare un prodotto altrettanto competitivo.

Centoventicinque anni di musica, amori, nostalgie, balli scatenati e successi. Buon compleanno, jukebox. La monetina non occorre più, ormai basta un colpo di mouse per selezionare il motivo che si desidera ascoltare. Ma il fascino della ‘scatola magica’ di Lois Glass resta inarrivabile, e non c’è Rete o apparecchio di ultima generazione che tenga.

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