La mia vita in Sud Africa


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SUDAFRICAStorie di vita, terza puntata.  In un’altra occasione fui invitato al matrimonio, che si sarebbe svolto in una delle più belle città del mondo, a Capetown, di un cliente che da qualche anno era diventato un amico personale e che ci aveva ospitato precedentemente durante una visita insieme con il mio datore di lavoro e Signora, che si erano innamorati del posto e delle persone.

Fu deciso che avrei presenziato al matrimonio anche come rappresentante dell’Azienda, la Signora acquistò una statua di marmo di Carrara lunga circa un metro che mi affidò con le raccomandazioni di rito, trasformando il mio viaggio aereo in un incubo!

Non avevo mai partecipato a un matrimonio stile coloniale all’inglese; dopo la cerimonia religiosa nella cappella di un grande albergo, ci dirigemmo verso un grande tendone bianco montato su un prato. Qui c’erano tavolini con sopra una targhetta con il nome degli occupanti e fui fortunato a essere sistemato insieme con il socio dello sposo, sua moglie e un’amica, una compagnia molto simpatica. Un’orchestrina rallegrava la festa. Alla fine, dopo il taglio della torta, gli sposi fecero il giro dei tavoli con i confetti.

Gli sposi, simpaticissimi, mi ringraziarono molto per il regalo e m’invitarono a partire con loro per raggiungere l’albergo a Plettemberg Bay, di proprietà dei genitori della sposa, dove si sarebbero fermati per un paio di settimane.

L’idea mi solleticava, avevo appuntamento a Durban con un cliente dopo qualche giorno e Plettemberg Bay era a metà strada circa. Gli amici mi avrebbero accompagnato a Port Elisabeth a prendere l’aereo per Durban.

Decisi di andare: salii in nella mia camera, ero alloggiato lì ospite degli sposi, mi cambiai per il viaggio e preparai la valigia. La macchina degli sposi era parcheggiata sotto, un Range Rover con due canne da pesca lunghe oltre 4 metri che sporgevano in verticale al di fuori dei finestrini posteriori, davanti svettava sul parafango l’antenna del VHF. Dietro, legate al paraurti, due file di barattoli!

Arrivarono gli sposi per il saluto agli ospiti, risultava poco chiara la mia presenza sulla macchina: partire in tre in viaggio di nozze! Qualcuno domandò alla sposa il perché della mia presenza, la sposa, simpaticissima oltre che bellissima, rispose che temeva che quella notte il marito sarebbe stato troppo emozionato, con rischio immaginabile, ma lei era previdente e si portava di scorta l’amico Sandro che, essendo italiano, era una garanzia!

Partimmo tra grandi risate e applausi, con il rumore assordante delle lattine a rimorchio. Appena fuori vista mi affrettai a eliminare questi impicci, avrebbero spaventato gli animali.

Non mi dilungo a raccontare il viaggio, andrei fuori tema, ma dopo alcune ore di guida ci fermammo per accamparci, tra la spiaggia e il “bush” ai confini della “De Hoop Nature Reserve”.

Montammo due tende e in mezzo accendemmo un bel falò, mangiammo la cena che le madri avevano amorosamente preparato, prendemmo dalla macchina le due carabine Winchester 30/30 in dotazione, due lampade a gas e ci ritirammo nelle rispettive tende. Passai la notte in bianco, col fucile sulle ginocchia: gli amici erano rumorosi nelle loro effusioni e gli animali erano prodighi di ruggiti, squittii e versi vari, tra cui risaltava l’allucinante risata delle iene. Inoltre dovevo badare che il fuoco non si spegnesse, era un deterrente collaudato.

Finalmente la notte finì, all’alba preparai il caffè per tutti, spegnemmo il fuoco, smontammo il campo e ripartimmo.

Lo spettacolo della natura era magnifico, non guidando, mi godevo il paesaggio come un fortunato turista; dopo poche ore arrivammo a Plettemberg Bay, l’albergo era splendido, sul mare: i genitori della sposa ci avevano anticipato arrivando in aereo. Riprese un altro giro di festeggiamenti, finalmente il giorno successivo gli sposi mi accompagnarono a Port Elisabeth dove presi l’aereo per Durban.

Arrivai di venerdì, era verso la fine del mese di Giugno, ricordo così bene la data per un preciso motivo che poi spiegherò. Il rappresentante dell’Azienda mi aspettava all’aeroporto e mi spiegò. mentre mi portava all’albergo, che l’impegno di lavoro era stato spostato a lunedì mattina in quanto per Durban, quel “week-end” era speciale.

Ogni anno, verso la fine di Giugno, per quattro o cinque giorni, a causa di un giro di correnti marine dell’Oceano Indiano che si scontravano con altre provenienti dall’Oceano Atlantico, uno stuolo di sardine e pesci vari si gettavano sulle spiagge di Durban per sfuggire a pesci più grandi che li spingevano verso terra per mangiarseli.

Conoscendo la mia passione per la pesca, l’Agente e il cliente avevano organizzato per la serata e il giorno dopo sulla spiaggia a pescare.

Il mare era tutto un ribollire di pesci, era anche pieno di pescatori che miravano ai tonnetti, boniti e altri predatori che incalzavano le sardine. Delle massa di sardine nessuno se ne curava, se non per prenderle come esca.

Chi pescava entrava in mare, con l’acqua al ginocchio, infilava la mano nel brulicare di pesce azzurro, ne prendeva uno, lo innescava sull’amo e lanciava a una cinquantina di metri; quasi immediatamente si aveva l’abboccata dei boniti o dei tonnetti, tutti di una bella misura, intorno al chilogrammo, allora si ricuperava e, senza slamare, si mandava il pesce a terra dove una moltitudine di famiglie indiane, si occupava di slamare e conservare il pesce e, all’occasione, forniva a pagamento qualcosa da mangiare o da bere.

Mi buttai nella mischia, ma dopo un’ora di pesca ero già stanco, le canne di “conolon” piene sono pesanti e lo sforzo nel lanciare e nel ricuperare comportava un bello spreco di energie. Poi ripresi, ogni lancio una preda, era entusiasmante.

Restai a pescare per tutta la notte, fermandomi ogni tanto e rifocillandomi, a un certo punto dormii persino una mezz’oretta. Al mattino ero tanto stanco ed esausto che non riuscivo più ad alzare le braccia.

Regalammo quasi tutti i pesci alla famiglia d’indiani che ci faceva da retroguardia, ne tenemmo solo alcuni per una bella grigliata.

Più tardi arrivarono le pale meccaniche cingolate, seguite dai camion, per pulire il bagnasciuga dai pesci, mi fu detto che sarebbero state portate ad uno stabilimento vicino che le avrebbe trasformate in concime naturale.

Non ho mai visto in vita mia un episodio del genere, questo è uno dei motivi per cui adoro il Sud Africa…

Sandro Emanuelli



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