Racconti di vita. A pesca in Sud Africa


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pescatore spiaggiaPassai un lungo periodo di tempo in Sud Africa, dove avevo diversi affari in corso; si lavorava tutta la settimana ma ci riposavamo il sabato e la domenica.

La Società che ci rappresentava in quel grande Paese, aveva uffici nelle varie città; a Capetown, dove mi trovavo in quel momento, c’era il Presidente, un sosia di Clark Gable, impressionante, tutti per strada lo guardavano, che abitava in una splendida villa piena di fiori ai piedi della Table Mountain, mentre il vice, un simpaticone, abitava in una grande villa direttamente sul mare con moglie, figli e cani. Gentilmente quest’ultimo mi ospitò a casa sua, durante il fine settimana andavamo a pescare dalle rocce gli squali o altri tipi di pesce.

Un sabato, mentre eravamo a pescare, la moglie, per farmi sentire a casa, decise di fare gli spaghetti, per cui tornando: sorpresa! Sul tavolo un grande piatto di portata contenente un ammasso di pasta attaccaticcia condita con salsa rubra! Immangiabile! Mi disse d’aver cotto gli spaghetti ben 20 minuti! La ringraziai con molto educazione, ma le proposi di rimandare il pasto di una mezz’ora che le avrei insegnato il trucco. Tutti contenti. Scaricai la colla nella ciotola dei cani, che tuttavia si rifiutarono di assaggiarla.

Andai con la figlia maggiore del collega al centro commerciale più vicino: acquistai spaghetti italiani, pomodori freschi, una testa d’aglio, mitili, vongole, ostriche e prezzemolo. Tornati a casa, preparai un bel sugo alla marinara e, al momento della cottura degli spaghetti, chiesi alla padrona di casa di starmi vicino con l’orologio per determinare il tempo di cottura. Fu un successone, ne mangiarono tutti due piatti!

pescatore spiaggia2Un sabato l’amico mi portò su una lunga spiaggia sabbiosa, deserta, a levante del Capo di Buona Speranza e mi lasciò lì a pescare: sarebbe tornato dopo 4 ore circa. Ero sicuro che mi sarei divertito, l’abbondanza di pesce faceva sì che pescare con la canna era un duro lavoro; essendoci la possibilità di catture di grandi dimensione, veniva usata una canna in conolon pieno di 4/5 metri di lunghezza, pesante ma molto resistente alla torsione.

Una delle belle cose che ho sempre apprezzato del Sud Africa, era che, pur partendo presto, prima dell’alba, per andare a pesca, si trovavano i bar aperti per far colazione, comprare il giornale e persino l’esca! C’era un congelatore in cui si trovavano confezioni di acciughe, totani, mitili, vermi e altro.

Quella mattina, presi due pacchi di acciughe, un’esca che andava bene per tutto.

Giunto alla spiaggia, trovai il posto più adatto: dovevo riuscire a lanciare il piombo di 100 gr. dove l’onda incominciava a frangere, a un centinaio di metri di distanza, il fondale in quel punto formava una specie di canalone in cui si depositavano i cibi preferiti dai pinnuti, una specie di “self-service”…

Piantai il portacanna nella sabbia, presi un’acciuga dal pacco delle esche, che tenevo in un secchio, innescai e lanciai, posando la canna nel portacanna.

Mi accesi una sigaretta e attesi, generalmente il primo pesce abboccava quasi subito, ma quel giorno tardava. Il sole intanto sorgeva ed era uno spettacolo da guardare.

Un grande albatro dal becco a uncino, forse attratto dall’odore delle acciughe, si avvicinò saltellando al secchio contenente l’esca, gli gettai una manciata di sabbia per tenerlo lontano. Intanto tenevo d’occhio la canna, nessun segno di vita! Era strano, le altre volte avevo già preso qualcosa. Mi avvicinai al bagnasciuga, portando con me il secchio per evitare incursioni dell’albatro che mi guardava sempre con l’occhio concupiscente.

Presi in mano il nylon della lenza per sentire se mi trasmetteva qualche vibrazione, niente! Era molto strano, entrai in acqua sperando in qualche segno, a un tratto vidi un’ombra, velocissima, sfrecciare dentro l’onda, feci due passi indietro, se era un pescecane, come sospettavo, avrebbe potuto attaccarmi. L’ombra, sempre velocissima, ritornò e si bloccò di fronte a me: spuntò dall’acqua una testa rotonda su cui spiccavano due grandi occhi neri, era una foca monaca! Ecco perché non c’erano pesci! Se li mangiava la foca.

Uscii dall’acqua e mi sedetti sulla sabbia con il secchio delle esche tenuto in mezzo alle gambe. Pensai che la pesca era finita prima ancora d’incominciare. Presi un’acciuga, erano delle sarde, in verità, la tagliai in due pezzi con il coltello e ne gettai uno alla foca e, finalmente, una al paziente albatro. Mangiarono con piacere.

Continuai a lanciare i pezzi di pesce sempre più vicino a me, entrambi i miei due clienti si avvicinarono. Ebbi modo di guardarli bene: la foca monaca era fantastica, aveva lo sguardo umano e sembrava sorridesse, l’albatro era un uccello con un becco che mi faceva paura. Continuai a nutrirli, con calma.

Pian piano la foca si avvicinò e alla fine mangiò il pesce direttamente dalla mia mano che lo porgeva; ma non mi fidavo dell’albatro, continuai a tirarlo e mi terrorizzava il suono del becco quando si chiudeva di scatto con il pesce preso al volo.

Il tempo passava, ero lì seduto con i due amici che guardavano interessati i movimenti della mia mano: provai con la foca a lasciarle davanti al muso grazioso la mia mano dopo averle dato il pesce, la annusò come un cagnone, poi mi dette una rapida leccatina, ero emozionato, mi sarebbe piaciuto abbracciarla! Si lasciò invece accarezzare sulla testa, mentre con la mano le porgevo un altro pezzo di sarda.

Mi venne voglia di accarezzare la fiera testa dell’albatro, ma appena avvicinai la mano, indietreggiò e si mise in posizione difensiva, non insistetti e continuai a tirargli pezzi di pesce.

Erano trascorse così più di tre ore e non me n’ero nemmeno accorto! Era arrivato il mio amico e si era fermato sulla strada a guardare stupito, quando si avvicinò i miei due nuovi amici si eclissarono. Mi chiamò “Saint Francis”!

Ricuperai la canna, c’era all’amo un piccolo pesce, che gettai all’albatro che era rimasto a guardare a una certa distanza.

Allontanandomi dalla spiaggia, mi girai a guardare ancora una volta quel posto dove avevo trascorso delle ore fantastiche, dal mare emerse una testa nera e i miei occhi incrociarono lo sguardo di quella foca….

Sandro Emanuelli



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