Nutrire l’Impero. Storie di alimentazione da Roma e Pompei


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Roma.  Tra Augusto a Costantino, 27 a.C. – 337 d.C., Roma si ingrandisce fino a raggiungere le dimensioni di una metropoli di circa un milione di abitanti in un Impero di 50/60 milioni.  Nutrire la capitale e le altre grandi città è un’impresa per la quale si rende indispensabile, oltre il dispendioso trasporto via terra, una grande marina mercantile privata che attraversi il Mediterraneo assicurando l’importazione di sufficienti derrate alimentari dalle tante province.

In mostra all’Ara Pacis (Nutrire l’Impero. Storie di alimentazione da Roma e Pompei, fino al 15 novembre) il Mosaico parietale con scena di porto che raffigura il faro di Alessandria, uno dei principali porti da cui durante l’alto impero partivano le navi cariche del tributo granario prodotto e pagato per 1/3 dall’Egitto e per i restanti 2/3 dall’Africa: Tunisia, Algeria e Libia.

Il grano e il vino non mancavano mai sulla tavola dei romani che consumavano quasi un litro al giorno di vino, di qualità diversa, con un totale di quasi 1.600.000 ettolitri di questa bevanda importata ogni anno. Le sale dell’Ara Pacis ospitano vasta testimonianza di queste abitudini alimentari attraverso l’esposizione di vasellame proveniente da diverse aree di produzione, l’italica e l’africana, cronologicamente collocabili lungo tutto l’arco dell’età imperiale.

Inoltre hanno 2000 anni il pane, il miglio, i ceci, i datteri, le mandorle, i piselli, i fichi, le cipolle, i pinoli in mostra, che provengono da Ercolano, alimenti carbonizzati resi immortali dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Ed anche la Statua di Efebo rinvenuto alla fine del 1960 a Pompei nei pressi del grande salone della casa di Marcus Fabius Rufus e la splendida cassaforte in legno, rivestita di fasce bronzee e decorata con applique ed intarsi in argento, rame e bronzo dorato, rinvenuta nel lato est del portico del complesso monumentale della Villa B di Oplontis.



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